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go (in particolare l’estensione e l’assenza di muretti o spallette del lastrico solare),
in quanto prima del sinistro, lo aveva percorso almeno una volta (il che, faceva
venir meno, l’imprevedibilità del pericolo e l’insidiosità del luogo).
Rilevava inoltre il Ministero come il giudice del rinvio non potesse esimersi dall’af-
frontare il tema dei confini del principio di autoresponsabilità di un soggetto ultra-
sedicenne: invero, se costui è ammesso a decidere in autonomia (assumendosene le
pesanti responsabilità, non solo giuridiche) se interrompere una gravidanza, se rifiu-
tare le prestazioni sanitarie, se stipulare un contratto di lavoro, se avvalersi dell’in-
segnamento religioso, se partecipare agli organi collegiali della scuola e via dicen-
do, non si comprende come egli non debba farsi carico delle conseguenze di un
reiterato quanto sconsiderato uso improprio del terrazzino di un albergo.
Era certo che la giovane per almeno due volte aveva scavalcato il parapetto del
balcone per accedere al lastrico solare: quale che fosse il motivo (trasgressione, noia,
depressione determinata dagli stupefacenti volontariamente assunti) che aveva in-
dotto la ragazza a compiere, per la seconda volta (e - quindi - nella piena consape-
volezza della condizione dei luoghi), quell’azione imprudente, non si vede perché le
conseguenze pregiudizievoli di tale azione debbano ricadere su terzi incolpevoli.
Le prove assunte in primo grado, infatti, rendevano evidente la consapevolezza
dell’attrice di assumere un rischio e di “violare una regola”, dato che entrambi (la
vittima e l’amico all’epoca diciassettenne), uscirono dalla camera e superarono il
terrazzino recandosi sul lastrico solare per fumare “di nascosto”, eludendo non solo
qualsiasi diligente sorveglianza da parte degli insegnanti, ma anche la “complicità”
dei propri compagni. Sotto altro e concorrente profilo, il Ministero ha contestato che
si potesse affermare la negligenza del docente accompagnatore per non aver ri-
scontrato la pericolosità di un albergo notoriamente frequentato da famiglie con
bambini e ciò soprattutto alla luce del fatto che la polizia giudiziaria, nel corso
delle non brevi indagini svolte dopo l’evento avvalendosi di strumenti d’indagine
ben più efficaci di quelli a disposizione del malcapitato docente, aveva escluso la
sussistenza di elementi di pericolosità della struttura e la configurabilità di respon-
sabilità penali a carico di chiunque.
L’epilogo della vicenda processuale: la Sentenza 16 gennaio 2015 n. 21 della Corte
d’Appello di Trieste
La seconda sezione civile della Corte giuliana ha dovuto dirimere la difficile con-
troversia attenendosi ai vincolanti principi di diritto affermati dalla Cassazione sopra
esaminati.
L’iter argomentativo dei giudici del rinvio si è dipanato nella risoluzione delle
seguenti questioni:
a) la responsabilità del gestore della struttura, chiamato a rispondere ai sensi dell’art.
2051 c.c. (responsabilità per danni da cosa in custodia). La disposizione prevede
che ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia,
salvo che provi il caso fortuito.
b) la responsabilità del Ministero, chiamato a rispondere per culpa in vigilando a
titolo contrattuale in ossequio all’ormai consolidato orientamento di legittimità;
c) l’eventuale responsabilità concorrente della danneggiata ai sensi dell’art. 1227 c.c.
In particolare, il primo comma dell’art. 1227 c.c. stabilisce che se il fatto colposo
del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secon-
do la gravità della colpa e le conseguenze che ne sono derivate.
Queste le parole della Corte d’Appello:
La sentenza remittente ha demandato a questo Collegio il compito di valutare la
responsabilità dell’albergatore e dell’amministrazione scolastica alla luce dei principi
enunciati nei paragrafi 4.5 e 5.5 della motivazione
”.
Rilevava il Ministero
come il giudice del
rinvio non potesse
esimersi
dall’affrontare il tema
dei confini del
principio di
autoresponsabilità di
un soggetto
ultrasedicenne
Le prove assunte in
primo grado, infatti,
rendevano evidente
la consapevolezza
dell’attrice di
assumere un rischio e
di “violare una
regola”
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