Pais Marzo 2015 - page 50

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I Casi e I Pareri
Possiamo distinguere tra contri-
buti liberi delle famiglie e "rim-
borsi spese vincolati"?
Il caso
Spett. ItaliaScuola, in que-
sto periodo, tra le varie e
tante incombenze, molti di
noi dirigenti sono alle pre-
se con la questione del contribu-
to liberale delle famiglie, ogget-
to peraltro già di diversi inter-
venti da parte vostra sull'argo-
mento. Salto volutamente tutta
la retorica con cui è stata da
sempre affrontata la questione
dal Ministero e vi pongo alcuni
precisi quesiti:
- È lecito, in assenza volontaria
del contributo liberale, chiedere
un “rimborso spese vincolate” per
assicurazione, libretto e tessera
per studenti per fotocopie? E tale
rimborso può costituire pregiudi-
ziale ai fini dell’iscrizione dell’al-
lievo?
- È possibile, a fronte di un in-
casso per contributi volontari
rivelatosi effettivamente mode-
sto, recuperare la spesa succes-
sivamente richiamando le fami-
glie che non hanno versato il
contributo liberale limitando l’e-
rogazione al solo “rimborso spe-
se vincolate” di cui sopra? È
opportuno in tal senso qualche
passaggio in Consiglio di Istituto?
Il parere dell’esperto
La risposta ai quesiti
posti è negativa, per un
duplice ordine di ragioni.
In astratto, in termini
contrattuali, l’impegno
a versare una somma a titolo di
liberalità rappresenta l’oggetto
di una obbligazione (la donazio-
ne è infatti un contratto ex art.
769 c.c.), il cui inadempimento
legittima la parte a favore del
quale l’impegno è assunto all’e-
sercizio dell’azione di adempi-
mento o risarcitoria.
È essenziale che l’impegno sia
assunto.
La richiesta di contributi che le
scuole sono soliti rivolgere ai
genitori rappresenta una unila-
terale richiesta di versamento di
una determinata somma che la
scuola indirizza ad altrettanto
determinate finalità. La scuola
sollecita cioè i genitori ad assu-
mere una obbligazione pecunia-
ria. A prescindere dalla maggiore
o minore evidenziazione negli atti
della scuola della “volontarietà”
di tale versamento da parte dei
genitori, va osservato che la vo-
lontà del genitore di aderire
all’invito non può essere coarta-
ta. Il genitore che non versa la
somma non aderisce all’invito e
conseguentemente non assume
alcuna obbligazione.
Se questo è in termini contrat-
tuali, altrettanto è a dirsi in ter-
mini unilaterali pubblicistici.
Va infatti ricordato che, pur dopo
l’attribuzione di autonomia finan-
ziaria, le istituzioni scolastiche
non hanno un potere impositivo
di tipo finanziario: ad esse non è
perciò data la competenza di
determinare (e quindi di imporre)
né tasse né imposte. L’ultimo
comma dell’art. 1 del DM 323 del
1999, nel vigore dell’obbligo sco-
lastico come stabilito dalla L. n
9 del 1999, precisa “L'istruzione
obbligatoria è gratuita anche nel
primo anno di scuola secondaria
superiore. Per l'iscrizione e la
frequenza a tale anno non si
possono imporre tasse o contri-
buti di qualsiasi genere”.
Eccettuate quindi le tasse scola-
stiche vere e proprie di cui all’art.
200 D.Lgs. n. 297/1994, non è
consentito richiedere alle fami-
glie contributi obbligatori di qual-
siasi genere. Tanto meno condi-
zionare l’iscrizione al pagamento
di tali contributi.
In molti casi, parte del contribu-
to serve a finanziare “acquisti”
che la scuola si offre di effettua-
re a favore degli studenti. Fermo
restando l’illegittimità di consi-
derare obbligatoria la contribu-
zione di spese strumentali alle
attività curricolari (quali i mate-
riali didattici e le fotocopie), vi
sono spese appunto che la scuo-
la si offre di affrontare nell’esclu-
sivo interesse dello studente.
Rientrano in questa casistica il
premio della polizza di assicura-
zione per gli infortuni che la
scuola stipula, quale contratto a
favore del terzo (lo studente,
appunto); il prezzo delle gite
scolastiche, ecc. Anche in questo
caso, dal mancato versamento
della contribuzione non può che
derivare il mancato “acquisto”
dell’oggetto o del servizio per
conto dello studente, senza alcu-
na possibilità di coercizione né
ulteriore conseguenza.
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